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Messina
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Acquedolci
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Alcara
Li Fusi
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Alì
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Alì
Terme
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Antillo
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Barcellona
Pozzo di Gotto
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Basicò
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Brolo
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Capizzi
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Capo d'Orlando
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Capri Leone
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Caronia
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Casalvecchio
Siculo
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Castel
Di Lucio
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Castell'
umberto
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Castelmola
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Castroreale
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Cesarò
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Condrò
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Falcone
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Ficarra
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Fiumedinisi
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Floresta
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Fondachelli
Fantina
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Forza D'Agrò
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Francavilla
di Sicilia
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Frazzanò
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Furci Siculo
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Furnari
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Gaggi
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Galati
Mamertino
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Gallo D'Oro
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Giardini
Naxos
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Gioiosa
Marea
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Graniti
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Gualtieri
Sicaminò
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Itala
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Leni
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Letojanni
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Librizzi
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Limina
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Lipari
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Longi
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Malfa
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Malvagna
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Mandanici
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Mazzarà
Sant'andrea
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Merì
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Milazzo
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Militello
Rosmarino
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Mirto
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Mistretta
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Moio Alcantara
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Monforte
San Giorgio
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Mongiuffi
Melia
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Montagna
Reale
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Montalbano
Elicona
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Motta Camastra
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Motta D'Affermo
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Naso
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Nizza di
Sicilia
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Novara
di Sicilia
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Olivieri
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Pace del
Mela
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Pagliara
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Patti
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Pettineo
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Piraino
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Raccuja
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Reitano
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Roccafiorita
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Roccalumera
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Roccavaldina
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Roccella
Valdemone
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Rodì
Milici
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Rometta
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San Filippo
del Mela
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San Fratello
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San Marco
d'Alunzio
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San Pier
Niceto
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San Piero
Patti
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San Salvatore
di Fitalia
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Sant'Agata
di Militello
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Sant'Alessio
Siculo
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Sant'Angelo
di Brolo
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Santa Domenica
Vittoria
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Santa Lucia
del Mela
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Santa Maria
Salina
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Santa Teresa
di Riva
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San Teodoro
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Santo Stefano
di Camastra
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Saponara
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Savoca
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Scaletta
Zanclea
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Sinagra
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Spadafora
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Taormina
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Terme Vigliatore
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Torregrotta
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Torrenova
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Tortorici
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Tripi
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Tusa
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Ucria
|
Valdina
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Venetico
|
Villafranca
Tirrena
|
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|
|
COMUNE
DI CASTELL'UMBERTO
|
|
Indirizzo: |
Via
Garibaldi, 27 - 98070 Castell'Umberto (ME) |
Telefono: |
0941438827
- Fax Municipio: 0941438657 |
|
Stato: |
Italia |
Regione: |
Sicilia |
Provincia: |
Messina |
Zona: |
Italia
Insulare |
|
Latitudine: |
38°5'9"96
N |
Longitudine: |
14°48'28"08
E |
|
Altitudine: |
660
m s.l.m. |
Superficie: |
m².
11.409.124 |
Perimetro
Comunale: |
m.
15.971 |
|
Comuni
limitrofi: |
Naso,
San Salvatore di Fitalia, Sinagra, Tortorici, Ucria |
|
Frazioni
e Contrade: |
Acquamuta,
Aria Ratto, Baracche, Cammara Inferiore, Cammara Superiore,
Castello, Carnevale, Cimitero, Chiaritta, Chicchirillo, Colamarco,
Contura, Dria', Fioreni, Fitalia, Fontanamorte, Gorna, Macri',
Marulli, Margi Superiore, Margi Inferiore, Monaco, Morello,
Oliva, Santa Croce Inferiore, Santa Croce Superiore, Santa
Marina, San Filippo, Surra, Sant'antonio, San Biagio, San
Francesco, San Giorgio, Sfaranda Centro, Sfaranda Inferiore,
Sfaranda Superiore, Vecchio Centro, Vecchiuzzo, Zuriaci. |
|
Abitanti: |
3499 |
Densità: |
306.39
ab./kmq |
|
Nome
degli abitanti: |
Umbertini
o Castanesi |
|
Sito
Web del Comune: |
www.comune.castellumberto.me.it |
Mail: |
castellumberto@tiscali.it |
|
Codice
Fiscale: |
84004180836 |
Codice
Istat: |
083014 |
Codice
Catasto: |
C051 |
|
Santo
Patrono: |
Fu
prima S. Marina ed in seguito S. Vincenzo Ferreri, che si
venera tutt'ora. |
Giorno
Festivo: |
5
Aprile |
|
Stemma: |
Aquila
coronata veduta in prospettiva e con le ali distese in alto. |
|
Gonfalone: |
// |
Caratteristiche
Stemma |
Simboli: |
// |
Colori: |
// |
|
Beni
monumentali: |
Chiesa
Madre, dedicata alla Madonna Assunta, è sorta dopo
il 1931 al posto di quella vecchia, diventata inagibile, a
causa di frane ed alluvioni abbattutasi sul paese, in coincidenza
col trasferimento, nel nuovo centro abitato, della maggior
parte della popolazione, che ancora dimorava nel vecchia Castania.
È stata inaugurata il 4 maggio 1937 da Mons. Angelo
Ficarra vescovo di Patti.
Con progetto dell'Ingegnere Aurelio Ghersi e dell'Architetto
Giuseppe Coppo, è costruita tutta con pietra levigata
opera delle maestranze locali, a tre navate, con soffitto
in legno decorato con motivi floreali e geometrici; l'abside
semicircolare, è dominata da un affresco della Madonna
Assunta, opera del pittore fiorentino Francini.
In essa si possono ammirare: un bellissimo e ricchissimo altare
in pietra con quattro colonne scanalate con capitelli di stile
corinzio e con un frontone anch'esso ricchissimo, altare che
assieme ad un altro uguale, che fu perduto, costituiva l'ornamento
più importante della vecchia Chiesa Madre; un quadro
di S. Marina Vergine, concittadina ed antica protettrice di
Castell'Umberto.
Da segnalare anche alcuni gruppi marmorei opera del Gagini
o della sua scuola e precisamente il gruppo dell'Annunziata,
collocati sopra una base sulla quale in bassorilievo vi sono
cinque quadretti raffiguranti la Visitazione e la Presentazione
della Madonna; la statua di S. Maria di Gesù, la statua
di S. Caterina proveniente dall'omonima chiesetta ed attribuita
ad un certo Giuliano Mancino, una piccola statua di S. Barbara,
murata nel prospetto esterno della torre campanaria.
Chiesa di S. Nicola di Bari: La chiesa di San Nicolò
di Bari, fu un tempo la chiesa madre di Castania. Nicolò
Arcivescovo di Messina con suo privilegio nel 1178 concede
questa chiesa e quella di S. Caterina all'abate dell'abbazia
benedettina di Maniace, ed i monaci ad essa destinati amministravano
i sacramenti.
Il paese divenne greco nel culto, è dedicò il
suo miglior tempio a S. Nicolò, finché una mattina
si trovarono aperte le chiese, spogliati gli altari e i monaci
fuggiti col bottino dei sacri arredi.
I castanesi tediati dalla cattiva condotta dei monaci di Maniaci
, e temendo il loro ritorno alle abbandonate cure, trascurarono
queste chiese e fabbricarono la nuova chiesa madre, in un
punto più centrale.
Santuario di Santa Croce, Chiesa costruita sull'omonima
collinetta, la sua costruzione o meglio la sua ricostruzione,
di pretese molto modeste, risale ad epoca relativamente recente,
e quando il centro di Castania era relativamente lontano svolgeva
il servizio religioso per le contrade viciniori.
In essa si conserva una statua di marmo della Madonna, collocata
su una base poligonale al cui centro in bassorilievo si trova
un quadretto della Annunciazione, ai lati gli apostoli Pietro
e Paolo ed agli estremi in un lato la scritta M.D.C.L.P. e
nell'altra una data 1521; non è certo se tal base appartenga
alla statua stessa, in quanto la composizione marmorea pare
diversa.
Un'antica tradizione vuole che tale collinetta porti il nome
di Santa Croce, in quanto sul posto, dove sorgeva un tempietto
pagano, era stata innalzata una croce di legno che veniva
salutata dai naviganti che dal mar Tirreno presso la foce
del torrente Zappulla volgevano ad essa i loro sguardi e le
loro preghiere.
In atto in essa si celebrano due feste: un giorno 2 luglio
in onore della Madonna delle Grazie e una l'ultima domenica
di settembre in onore del Crocefisso.
Chiesa della Vergine e Martire Santa Barbara: esisteva
nel 1472, si ignora però l'anno preciso della sua fondazione.
Al suo interno si trovavano, tre altari, atti alla celebrazione
della S. messa, cioè il primo dedicato alla gloriosa
S. Barbara, il secondo a S. Gaetano, e il terzo a S. Lucia.
Nella sacrestia si conservavano i registri parrocchiali, gli
argenti e i paramenti, l'altare maggiore, ospitava un grande
quadro di circa 6 metri di altezza raffigurante il martirio
della Santa, completavano l'arredamento sacro un'altra statua
di S. Barbara di circa 2 metri e un quadro di S. Bartolomeo.
La facciata conteneva in una nicchia di pietra una piccola
statua di S. Barbara che oggi si trova incastonata nella torre
campanaria della nuova chiesa Madre di Castell'Umberto. Nel
millecinquecento, i padri Domenicani, sotto l'aspetto di volerla
sostituire alla loro chiesa cadente procurarono di averne
il possesso dall'Arciprete don Paolo Rizzo (parroco dal 1558
al 1582), ma la concessione non avvenne.
Durante i lavori della chiesa madre di Castania, dal 28 gennaio
1902 funzionò da parrocchia, in seguito, quando la
chiesa madre fu abbandonata a causa delle frane servì
da magazzini, lì furono messi i quadri e altri suppellettili.
Oggi spicca per raffinatezza d'arte il campanile lavorato
in pietra maiolica di Naso, con cromia giallo-ferracia in
terracotta.
Queste pietre, costituivano le cuspidi policrome di numerosi
campanili attestanti in questa zona dal '500 al '700, la cui
tipologia, piuttosto diffusa in area siciliana, sembra tuttavia
risalire ad epoca più antica.
La chiesa chiusa da diversi anni per restauri a cura della
Soprintendenza ai Beni Culturali è stata consegnata
alla Parrocchia il 6 agosto 1999
Chiesa di S. Francesco Cinquecentesca (monumento nazionale),
con il suo convento: Sita nell'omonima contrada fu costruita
sui resti di una Chiesa precedente, che comprendeva la Sagrestia
e parte della Chiesa attuale, ad un livello di circa tre metri
più basso, presumibilmente nel 1574, anno della fondazione
del Convento dei Minori Conventuali annesso alla chiesa medesima;
essa fu restaurata nell'anno 1633 ad opera di certo frate
Bernardino della compagnia di Gesù, come si legge nella
trabeazione del primo altare di sinistra; la chiesa costruita
da maestranze locali, fa parte di quella architettura paesana
spontanea che si riscontra in molte parti della Sicilia, a
in questa è evidente il contrasto tra la semplicità
francescana del prospetto e la ricca decorazione pittorica
e scultorea dell'interno, dell'abside e della sagrestia.
Il prospetto della chiesa a due spioventi, si presenta molto
semplice ed armonioso; esso è composto da un bel portale
finemente decorato, sormontato da tre finestra, una mediana
e due più piccole ai lati, ed una scalinata che un
tempo conduceva all'ingresso dell'ex Convento ed al Campanile
Del convento oggi rimane un corridoio di circa m 2.50 di larghezze
e profondo per tutta la lunghezza della chiesa; mentre la
sua copertura è la continuazione dello spiovente del
lato sinistro della Chiesa stessa; la ricca biblioteca, opere
di grande valore, che trovasi in detto convento, è
andata purtroppo perduta dopo il 1860;
L'interno della Chiesa è ad unica navata e termina
con l'abside quadrangolare; nella parte inferiore si trova
il coro di legno; nella parte superiore si trova la cantoria
con un organo di legno intagliato; la sagrestia, a cui si
accede dal coro aveva un soffitto in legno dipinto con cassettoni
per la conservazione dei paramenti.
Il soffitto della Chiesa è in legno decorato con motivi
floreali in esso sono incastonati, ai lati quattro quadri
su tela raffiguranti Giuditta, il sacrificio di Isacco, il
battesimo di Gesù, la samaritana; al centro un quadro
grande raffigurante la Resurrezione di Cristo; in un quadro
di questi si legge il nome del pittore Dominici Giordano.
Nelle pareti laterali si trovano molti affreschi, alcuni dei
quali raffiguranti S. Pietro, S. Paolo e la vita di S. Antonio,
ai lati si trovano 5 altari e nell'abside l'altare maggiore:
il secondo altare da sinistra, dedicato alla Madonna della
Catena, fu costruito nel 1663, lo stesso anno che si legge
nell'architrave della finestra centrale del prospetto; nello
stesso lato un altro altare dedicato all'Immacolata reca la
data del 1752; esso è sicuramente una delle maggiori
opere esistenti nella chiesa: la nicchia è ricavata
nella parete ed è limitata tutta intorno da una cornice
in lieve aggetto; due colonne scanalate, con capitelli corinzi,
sorreggono l'alta trabeazione e il frontone è spezzato
a segmento; la parte centrale del frontone, a lieve aggetto
della parete e con bellissimo disegno, conclude l'altare;
il tutto finemente lavorato e decorato.
Ruderi del Castello Medievale: Sovrasta il vecchio
paese di Castania questo rovinato castello, nel centro del
quale sorgeva un'alta torre di ottima costruzione.
Serviva di dimora ai dinasti, di difesa al paese, di carcere
ai rei e di tortura agli imputati, i quali venivano tormentati
o a cavalcioni ad una trave, in fondo alla torre con forti
pesi pendenti ai piedi, o messi in una stanzetta come in un
forno, ove da un buco s'immetteva il fumo e il fetore di escrementi
bruciati e simili lordure, o innalzati con violenti scosse
ad una carrucola, legati ad una lunga fune, che li tenea stretti
per i polsi uniti di dietro. La strada vicina porta il nome
di questo sotterraneo carcere, e chiamasi: sotto la carrucola.
Ebbe nome di castel Castano, come dice una antica tradizione
registrata dall'arciprete dott. Vassallo, di cui rimangono
alcuni cenni storici. Cadde con il mero e misto impero, anche
opera degl'impiegati che prima ospitava.
Fra i ruderi è un muro di prospetto ancora esistente
in buono stato; vestigia tutto intorno dell'antica magnificenza;
resti delle carceri e dei luoghi di supplizio. Nel centro
una dimezzata torre, con scala a chiocciola in un angolo a
ponente, che metteva ai piani superiori, costruita nel solo
spessore dei grossissimi muri. (dizionario illustrato dei
comuni siciliani)
Parco sub urbano: posto a monte del paese a circa 2
Km, offre meravigliosi panorami e spazi verdi posti su una
collina di cui si gode un inebriante panorama. Insieme ai
benefici di una natura incontaminata, qui si trovano strutture
ideali per una vacanza rilassante ed allo stesso tempo allegra.
E' possibile effettuare ecologiche passeggiate e lunghe cavalcate,
che danno l'opportunità di sentirsi in simbiosi con
la natura.
Facile diventa anche preparare allegre scampagnate grazie
alla presenza di tavoli e barbecue.
Merita una visita il laghetto, con una fauna molto ricca,
cigni, papere anatre; qui con un po' di fortuna è possibile
ammirare anche qualche esemplare di uccelli migratori che
si fermano a ristorarsi. Nel laghetto è possibile praticare
anche la pesca sportiva.
Completa il parco un galoppatoio con annesso maneggio di proprietà
del comune, alcuni esemplari di cervi e daini e un campo di
tiro al volo (di regola aperto ogni sabato pomeriggio).
All'interno del parco si può visitare il "Centro
visite l'Istrice", che è un punto di riferimento
culturale, didattico e scientifico della natura dei nebrodi,
esponendo attraverso "diorami naturalistici parte della
flora e della fauna del comprensorio nebroideo.
Per informazioni e prenotazioni, telefonare al 333.4593280
- 338.2185895
orario visite dalle ore 10.00-12.30 16.30 ad un'ora prima
del tramonto (le visite si effettuano tramite prenotazione)
Centro storico Castania: |
|
Feste
Patronali e Religiose: |
Festa
patronale di S. Vincenzo Ferreri - 5 aprile e 26-27-28
agosto - Si celebrano due feste principali in suo onore: l'una
il 5 aprile, nel giorno della festa liturgica e l'altra il
26- 27-28 agosto che, secondo le costumanze agricole del paese,
avrebbe voluto significare il ringraziamento per l'annata
agraria e quindi un meritato riposo per i Castanesi che avevano
faticato per un intero anno.
Festa di S. Giuseppe - 18 marzo - (con assaggio della
minestra (Centro)
Festa della SS Protettrice Maria SS. Annunziata - 25
marzo e 1 e 2 settembre - (Sfaranda)
Corpus Domini - 10 giugno - (Centro)
Festa della Madonna delle Grazie - 1 e2 luglio - (Centro
- C.da S. Croce)
Festa della Madonna del Tindari 15 luglio (Centro)
Festa del SS Crocefisso - 30 Settembre - (Centro -
C.da S. Croce)
Festa di S. Francesco d'Assisi - 20-21 ottobre - (C.da
Vecchio Centro). |
|
Eventi
Culturali: |
Momenti
di Vita "Perduta" (agosto)
Palio dei Nebrodi (agosto) |
|
Eventi
Gastronomici: |
// |
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Eventi
Sportivi: |
Slalom
di Castel'Umberto (Giugno)
Torneo di Tiro a Volo - Trofeo Città di Castell'Umberto
(Agosto)
Corriavis - Giro Podistico Internazionale di Castell'Umberto
(Agosto) |
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Curiosità: |
Si
dice che il 26 agosto del 1640 S. Vincenzo Ferreri abbia risuscitato
un bambino di Mirto, il miracolo oggi è ricordato da
un bassorilievo sulla facciata della nuova Chiesa Madre.
I Sindaci dal 1820
1820-1822 Nicolò Vanadia
1822-1823 Giacinto Catania
1823-1827 Antonino Zaccaria
1828-1831 Vincenzo Lipari Canciglia
1831-1834 Giuseppe Gentile
1834-1937 Francesco Prestileo
1838-1839 dr Antonino Notar Baudo
1839-1843 Giuseppe Gentile
1843-1847 Michele Di Vincenzo
1847-1848 Sebastiano Germanà
1848-1849 Calogero Prestileo (Presidente del Magistrato municipale)
1849-1852 Sebastiano Germanà
1852 Gaetano Graziano
1852-1853 Michele di Vincenzo
1853-1859 Nicolò Cassarà
1859-1860 Antonino Catania
1860 Giuseppe Scurria (Presidente del Comitato)
1860-1861 Nicolò Lipari (Presidente del Municipio)
1861-1864 Nicolò Cassarà
1864-1871 Michele Di Vincenzo
1871-1877 Sebastiano Germanà
1877-1890 Rosario Scurria
1890-1923 Cesare Di Vincenzo
(1897) dr Roberto Berti (Regio commissario del comune)
(1823) dr Vincenzo Franchina (eletto delegato del Regio commissario)
1923-1924 Cav. dr Giuseppe Galeani (Regio commissario)
1924-1935 Vincenzo Franchina (dal 1926 Podestà)
1935-1943 Rosario Germanà (Podestà)
1943-1946 Michele Di Vincenzo
1946-1960 Cesare Di Vincenzo
1960-1962 Aldino Sardo Infirri
1962-1963 Giuseppe Busacca
1963-1964 Carmelo Liprino
1964-1994 Aldino Sardo Infirri
1994-1998 Vincenzo Lo Presti Costantino
1998 ad oggi Salvatore Polino
|
|
Mercati
e Mostre: |
// |
|
Centri
Culturali: |
// |
|
Risorse: |
Agricole:
Olive, nocciole, agrumi.
Artigianali: Sculture marmoree, lavori in pietra arenaria,
falegnami, fabbri. |
|
Numeri
Utili: |
Guardia
Medica - Via C. Battisti - tel. 0941.438052 (festiva e
prefestiva)
Farmacia "Germanà - Cicero, Via Roma n.
2 - tel. 0941.438129 (chiusa il Sabato)
Caserma dei Carabinieri tel. 0941.438060 |
|
Siti
Web nel Comune: |
www.sanvincenzoferreri.it
www.radiocastellumberto.it
www.centronaturalisticoistrice.com.it
www.castellumberto.info
www.associazionesetticlavio.it
www.pro-loco.org |
|
Impianti
sportivi: |
piscina
campo di tennis
campo di pallavolo e pallacanestro
campo di calcio
galoppatoio
tiro al volo
campo di calcio a 5 |
|
Strutture
ricettive: |
Agriturismi: |
Colamarco
- tel. 0941.438130
Don Cesarino - tel. 0941.487067 |
Hotel
e Locande: |
Il
Canguro - tel. 0941.438091 |
Residence: |
// |
Bed
and Breakfast: |
da
Leone* tel.0941.438629
da Mela* tel. 0941.438243
Mare e monti*
da Santina** tel. 0941.438121
da Lucia* tel. 0941.438645 |
Ristoranti
Bar e Pizzerie: |
Il
Canguro - C.da Limari Cimose tel. 0941.438091
Nibali - C.da Cammara Sup. tel. 0941.487049
TRATTORIE:
Bracco - C.da Sfaranda tel. 0941.432875
Capitti - Via Libertà tel. 0941.438122
Galati - C.da S. Francesco tel. 0941.432016
Cocila - C.da Limari Cimose tel. 0941.438395 |
Altro: |
// |
|
Personaggi
illustri: |
Paolo
Criminella, ottimo giureconsulto, tenne con onore le carica
di giudice della gran corte criminale di Palermo. Fondò
ivi il reclusorio di S. Francesco di Sales ove dovevano essere
ammesse franche le donzelle di sua famiglia e dei castanesi.
Prestileo Sebastiano. ottimo dottore in medicina; nei
paesi vicini veniva chiamato il novello Esculapio.
Di Vincenzo Giovambattista e il fratello Antonino.
ambi arcipreti. Il primo prelato in Roma, donde ritornato
portò la statua di San Giovanni Battista - il secondo
dottore in teologia.
Salpietro Luigi. Espertissimo dottore, discendente
non digenere di illustri avi, amanti delle scienze ed adorni
di preclare virtù. Veniva ciamato in molti paesi e
le sue opere chirurgiche destavano ammirazione e sorpresa.
Lionetto Domenico. Cantò in ottave il Diluvio
di Tortorici. Sono versi in dialetto siciliano, e ve ne sono
buoni (1682)
Fu
a Turturici la prima rujìna
chi persi quantu pèrdiri putìa
Lu secunnu fracassu di sta china
l'appi la sfurtunata Castania...
....
S'appi danni Sinagra, o puru Ucria,
Rannazzu, Castigghiuni e Francavigghia,
nun commu Turturici e Castania
chi di lu munnu sù la meravigghia.
Li
Castanisi fannu un chiantu amaru
chi foru di stu ciumi disulati,
ch'un migghiu arrasu li munti scasciaru
ab extra di li lochi strascinati...
...
acqua di celu, timpesta di mari,
ciumi, vadduni, e casi sdirrupati:
parìa ch'appuntu vulissi abbissari
lu munnu tutti, e murìri annigati.
...
A lu Marchisi di Santa Marina
ci fici fari la sua caruvana:
ci livau un paraturi, e dù mulina.
e un locu ammagnato 'ntra la Chiana.
Chiancinu
ancora li Salvaturani...
vigni, canniti, siminati, e linu;
sulu chianciu li quattru cristiani
chi si purtàu cu tuttu lu mulinu.
Chianci
ogni Nasitano, e Nasitana:
simili chiantu mai si vitti, e 'ntisi.
Chiuddi chi siminaru 'ntra la Chiana
pèrsiru lu frumento, e li majìsi:
lu ciumi ci livàu orgiu, frummento, e jirmara:
e 'rristaru 'mpignati pi li spisi.
Chiancinu
d'autra parti li Mirtisi,
unitamenti cu li Crapitani,
chi furu tutti di stu ciumi offisi
l'afflitti linalori, e l'urtulani...
... a Mirtu chiddi ch'eranu burgisi
pi chistu ciumi 'ddisìjanu pani.
Setti
casi a Sinagra ci li pigghia lu ciumi
tutti setti a 'na matina,
e tantu cu la Chiesa s'assuttigghia
chi 'ntra la stissa Chiesa lassò rina:
e si nunn era al Rosa virvigghia,
la gluriusa Santa Caterina,
Sinagra cu stuouri, e meravigghia
sarìa cu Turturici e la marina.
A
li setti di Giugnu a la matina
s'asciaru li Crioti sdisulati,
sissantaquattru casi, e dù mulina
tutti chidi di genti e nutricati,
ma commu vosi la buntà divina
di lu Signuri di la Pietati,
bechì àppiranu di robba la ruìna,
non ci fu dannu di genti annigati...
Lipari
Nicolò. Celebre professore di belle lettere.
Lasciò opere di cui alcune videro la luce. In Palermo
esistono suoi buoni versi.
Vassallo Domenico. Arciprete, dottore in teologia;
fu aggregato ai dottorati dell'Università di Catania
per privilegio concessogli da Ferdinando IV. Coltivò
le lingue dotte e varie scienze. Caro al governo ed alle
dignità ecclesiali, si ebbe varie attribuzioni vescovili.
era abbate ed esaminatore sinodale. morì da Santo
nel 1835. Lasciò inediti alcuni cenni storici della
patria.
Vanadia Ferdinando. Valente medico.
Di Vincenzo Michele. Laureatosi avvocato giovanissimo;
ma per la sua posizione finanziaria non ebbe bisogno di
esercitare l'avvocatura. Valente in legge veniva consultato
da molti forestieri e dava gratis il suo scrupoloso consiglio.
Fu ottimo padre di famiglia ed esemplare sindaco del Comune,
da quale non accettò mai competenze e rimborsi si
spese di viaggi. Morì di età immatura nel
1871, compianto da tutto il popolo.
Scurria prof. Rosario. Diplomato in belle lettere
e filosofia, licenziato in dritto. Ebbe amor patrio, e s'interessò
molto per la costruzione del novello abitato. Lasciò
composizioni poetiche in italiano, latino e in dialetto
siciliano. I versi sono di buona vena poetica, ma inferiori
ai dialettali, nei quali molto si distinse. Pregevoli sono
anche quelli latini. Nacque in Catania 1815 e morì
in Castell'Umberto, dove visse lungamente il 18 maggio 1882.
[ tratto Dizionario illustrato dei Comuni Siciliani]
Grand'ufficiale
Vincenzo Franchina, medico e podestà del luogo.
Il dott. Franchina donò tutto se stesso in favore
dei suoi concittadini e di quanti si rivolgevano a lui per
aiuto. Egli si spogliò della sua magnifica villa
personale e volle che sorgesse un Asilo, che affidato alle
cure delle Suore Figlie della Croce, ospita giornalmente
un buon numero di bambini.
Sac. Varrica, autore di una canzone popolare, dal
titolo "La Castaniota", di cui ne riportiamo
i versi:
"Visti passari 'na castaniota
Ntesta purtava n'Aquila di sita
Lu caminari so la Malvagnota
N'avi dudici anni e si marita,
A lu cantari so lassa la nota,
Si tira l'omu cu la calamita
Si la sentu cantari n'atra vota
Idda perdi l'onuri, io la vita"
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Come
si arriva: |
Auto: |
Si
raggiunge con l'autostrada A20, con uscita a Brolo o Rocca
di Caprileone. Vi sono tuttavia alcune alternative, tutte
da scoprire per bellezza e panoramicità, tra cui la
SS 116 Randazzo - Capo d'Orlando per chi viene da Catania. |
Autolinee: |
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Ferrovia: |
Ferrovia:
A km 20 stazione di Capo d'Orlando (linea Palermo - Messina) |
|
Cenni: |
Castania
è un antico borgo la cui data di fondazione è
incerta, ma sicuramente anteriore all'827, anno in cui le
fonti archivistiche ne attestano l'esistenza.
L'impianto urbanistico è di età prenormanna,
le sue caratteristiche stilistiche e costruttive sono quelli
di un organismo urbano tardo medievale legato alle tradizioni
contadine.
Le tipologie urbanistiche pervenuteci, che tramandano il modello
di tipo agricolo, pur mantenendo la connessione morfologica
con l'impianto urbanistico più antico, nella maggior
dei casi, risalgono ai secoli XVI e XVII.
Tre opinioni discordi sono state manifestate sulla origine
di Castania, tutte e tre tendenti però ad accertarla
antichissima, facendola rimontare ad alcuni secoli prima dell'era
volgare.
Rosario Scurria pretese che il nome di Castania fosse un corrotto
e sincopato di Castrum Aeneae, e voleva perciò ritenerla
fabbricata in onore dell'eroe troiano, da una delle tante
piccole colonie che ricoverarondosi in Sicilia dopo la distruzione
di Troia, e volendo avvalorare la sua opinione ricordò
che uno dei casali dipendenti da Castania nomavasi Scanio,
nome forse dato da quella colonia in onore di Ascanio figlio
di Enea.
Il dottor Vassallo, alla sua volta, volle opinare che Castania
sorse nientemeno che sui ruderi di Calacta (bella costa);
e, rimandando ai posteri più felici investigazioni,
sosteneva, senza l'autorità di documenti, che il territorio
cominciava allora dal Poggio Marco sulla foce dello Zappulla,
ed in bella costa, leggermente innalzandosi, si estendeva
fra le montagne.
Antichi eruditi castanesi, basandosi sulla costante tradizione,
ed in seguito alle loro investigazioni, asserirono che Castania
fu fondata da una colonia di greci venuta da Castania, città
della Tessaglia, che oggi fa parte dell'impero turco.
Della loro opinione fu anche il Vassallo, che disse ricordarsi
sussistere in Castania moltissimi oggetti greci, ed essere
certezza di essere Castania antichissima e che vanti la sua
nascita pria dei tempi, in cui i romani, dopo la guerra punica,
costrinsero i siciliani a pagare in frumento il tributo che
loro si doveva, come la prima provincia di Roma.
Nel 734 A .C. la Grecia possente e popolosa mandò in
Sicilia numerose colonie.
Siracusa diventata pure essa possente e popolosa, mandò
colonie a fondare altre città, da Zancla uscirono colonie,
che pria eressero Milazzo, e poi si diressero sulle sponde
del fiume Imera, ove sorse la città omonima.
Fu in una di queste epoche - domandansi quegl'investigatori
delle origini del loro paese - che fu fondata Castania?
La fortunata circostanza delle monete siracusane, che pochi
anni or sono si trovarono in un fondo della matrice, mentre
veniva zappato dai censualisti (quel locale un tempo era nella
periferia dell'abitato), ha dato anche occasione a ritenere
che Castania sorse al tempo dell'espansione siracusana, parecchi
secoli A.C..
Il certo è che di Castania nessuna menzione trovasi
tra gli antichi scrittori, prima della dominazione dei saraceni.
In tale epoca (827) veniva scritta Quastania, ed aveva 1665
abitanti, cioè 466 musulmani e 1199 cristiani.
Nel 1117 il conte Ruggero, con suo privilegio concesse Castania
ad Abba Barrese; e menzione di questa terra trovasi in seguito
nel privilegio di Nicolò arcivescovo di Messina per
il monastero di Maniaci, dato nel 1174 e nel privilegio del
4 ottobre 1302 dal re Federico, che per i servigi prestatigli
alla casa Lanza, concede a Corrado i casali di Castania, Randacolo
e Santa Marina (chiamata prima Scanio), insieme alla terra
di Longi.
Da Corrado Lanza Castania passò ad Ugone Lanza di lui
figlio e da costui fu venduta ad Eustachio Gregorio Taranto
per onze 180 per gli atti di notar Ferulo Vassallo di Messina,
in data 4 maggio 1322, e la vendita fu confermata l'anno stesso
dal re Federico. Anche in detto contratto si fa menzione dei
tre casali di Castania. Randacolo, Rasipullo e Santa Marina.
Per la ribellione di casa Taranto, Castania ritornò
al regio demanio, e re Martino il giovane, nel 1393, la concesse
a Bertrando Lanza, con Ficarra e Longi.
Questi si ribellò al re Martino e Castania ritornò
nuovamente al demanio sino al 1453. In quest'anno (1453) Giovanni
Gregorio Taranto si presentò supplichevole al re Alfonso.
Gli espose di essere erede di Eustachio compratore di Castania,
ne domandò la restituzione in integrum come era stata
accordata ad altri baroni, e gli fu concessa assieme alle
saline di Nicosia.
Giovanni Taranto morì senza figli e gli successe la
sorella Margherita, che maritandosi con Nicolò Paternò
di Castania gli portò in dote Castania e le Saline.
Nicolò Paternò era padrone dei feudi di Acqua
santa, Cartolari e Barrilà, che da questo tempo restarono
consolidati ed uniti allo Stato di Castania.
Già sin dall'anno 1449 per gli atti di notar Petro
de Medico di Palermo si era fatta la divisione della floresta
della porta di Randazzo tra Blasco Santangelo e Nicolò
Paternò; spettò al primo Eriarii, li Butti,
la Floresta vecchia e Mangralaviti ed al secondo Cartolari,
Barrilà ed Acqua santa. I
n questo tempo Corrado, abate del monastero di Fragalà
e di quello di Santa Marina, fu accusato dal barone di Castania
Nicolò Paternò, di aver trafugato in Fragalà
le poche reliquie di Santa Marina, che erano rimaste in Castania,
dopo la traslazione a Catania del corpo della vergine compaesana,
e di aversi appropriata la elemosina di onze quaranta, che
i fedeli nell'anno 1464 avevano raccolto per la restaurazione
del convento.
A Nicolò Paternò successe suo nipote Antonio
Benedetto Paternò, che l'anno 1473 s'investì
di Castania e feudi. Morto senza figli Antonio Benedetto Paternò
ebbe erede la sorella Grazia, da alcuni chiamati Garita, che
maritandosi con Tommaso Tornabene portò in dote Castania
con i feudi e le saline di Nicosia.
Da questo matrimonio nacque Nicolò Tornabene, che nel
1516 prese la investitura, essendo presidente del regno il
Di Luna.
Nel tempo di questo barone fu accusato l'abate di santa Marina,
fra Giovanni Calamia, de crimine lesae maestatis e di capo
populo, come si vede sui libri della regia tesoreria del 1517.
Nicolò Tornabene, non avendo figli e trovandosi in
età avanzata sposò sua sorella Laura o Grazia
a Blasco Lanza, che prima gli tentava lite per lo Stato di
Castania e feudi. Convennero che Nicolò Tornabene sua
vita durante fosse padrone della terra, saline, creatore degli
ufficiali ed altri diritti, ed a Blasco rimasero i feudi ed
altre aderenze, con la convenzione che, morto Tornabene, il
Lanza sarebbe divenuto padrone di tutto l'asse, come poi avvenne.
Ugone Moncada vicerè a nome del re Ferdinando ebbe
molto a cuore Blasco, e perciò in quel tempo e sotto
Carlo V, costui, nel 1538, ottenne grazie e privilegi, compreso
il mero e misto impero sopra Castania, feudi e saline, e Trabia,
per onze 433.10.
Egli grato pei benefici ricevuti fu compagno nelle turbolenti
e tristi vicende del vicerè Moncada, e per salvarsi
la vita fuggì con lui nella famosa rivoluzione di Palermo.
Andate male le cose tutto gli venne revocato. Da Blasco Lanza
e Laura Tornabene nacque Cesare Lanza, che nel 1553 a 17 Maggio,
per notar Giovan Paolo Monte da Palermo, vendeva Castania,
feudi e saline per onze 14.000 a Giovanni Sollima, maestro
razionale del real patrimonio, il quale se ne investì
lo stesso anno e ne divenne padrone. Giovanni Sollima sposò
Beatrice Marullo, da cui ebbe due figli: Pietro Antonio e
Cesare.
Pietro Antonio Sollima sposò Giovanna Marullo, premorì
al padre a 23 anni e lasciò due figli, fu sepolto in
urna marmorea nell'oratorio del Rosario di Castania, sulla
quale leggevasi il seguente epitaffio:
PIETRO
ANTONIO SOLLIMA
IMMATURO FUNERE
JOANNES SOLLIMA PATER
MESTISSIME POSUIT
VIXIT ANNIS 23
OBIIT ANNO 1558
Pietro
Antonio Sollima pria di morire aveva costituito erede universale
il primogenito Giovanni, che fu detto iuniore, ed erede
particolare il secondogenito Cesare.
Venuto a morte Giovanni Sollima seniore, avo, chiamò
erede il nipote Giovanni iuniore, figlio del fu Pietro Antonio,
ed istituì sopra gli acquisti un fede commesso agnatizio,
chiamando sempre nella successione i figli maschi, estinti
i quali senza prole maschile dovevano entrare le femmine
con l'onore del nome, cognome e stemma gentilizio, che era
formato da nove vasi d'oro in campo bianco. Sino a questo
barone nessuno aveva beneficato Castania, ma egli, con testamento
del 20 gennaio 1559, in notar Giuseppe Fugazza da Palermo,
lasciasse molti legati.
Giovanni Sollima iuniore successe all'avo e se ne investì
di Castania ed aderenze il 5 luglio 1570. Sposò Giovanna
Statella, da cui ebbe tre figli: Giovan Pietro Antonio,
primogenito, Cesare secondogenito, e Laura.
Morì decapitato il 9 luglio 1586 e restò tutrice
dei minori la moglie, che addì 11 novembre 1586 fece
l'inventario ereditario per gli atti di notar Valentino
Caleò da Castania.
Fu da lei dato a Francesco Lo Giudice, vincitore di una
lite, per rendimento di conti dovuti da Giovanni Sollima
seniore, il feudo di Barrilà e si obbligò
di pagare il restante tutorio nomine. Arrivato in età
maggiore il primogenito Giovan Pietro Antonio Sollima, nel
1590, sposò Maria Spucches, e con la di costei dote
ricomprò Barrilà e pagò altri debiti,
obbligando quindi alla moglie i suoi beni ereditari.
Giovan Pietro morì annegato e senza figli a 15 dicembre
1590, vicino la chiesa di Piedigrotta in Palermo, nella
venuta del vicerè don Diego Enriquez, e gli successe
il fratello Giovan Cesare Sollima, che s'investì
dei beni ereditari il 13 dicembre 1591.
Trovando questi molto avviluppata l'eredità pensò
di sposarsi e con la dote della moglie riparare alla meglio.
Fu da lui ceduto a Girolamo Bavera il diritto di reluire
Castania, per gli atti di notar Geronimo Russitano da Palermo,
addì 7 maggio 1596, e la ricompra venne fatta il
9 dello stesso mese.
Contrasse matrimonio con la figlia dal Bavera, Antonia,
che gli portò in dote onze 14000, con la quale somma
pagò il suocero ed altri creditori, e si mise quindi
in possesso di Castania, che venne ipotecata alla dote della
moglie. Questa morì senza figli e perciò l'eredità
si trovò in un nuovo inviluppo ed in grande confusione.
Non si perdè di coraggio il vedovo Giovan Cesare
Sollima, e sposando in seconde nozze Agata Perna di Giuseppe
con la dote di lei riacquistò Castania. Dalla seconda
moglie ebbe un figlio che chiamò Giovan Giuseppe
Sollima, il quale fu marito a Francesca Di Gregorio e fu
il primo marchese di Santa Marina.
Questi morì nel 1671 in Castania in età di
anni 40, senza figli legittimi e nominò suo erede
universale suo fratello Nunzio; nato da Antonia Vivaja,
terza moglie di suo padre Giovan Cesare Sollima. Giovan
Giuseppe Sollima, primo marchese di Santa Marina fu molto
benefico a Castania.
Nel suo testamento rogato da notar Vincenzo Caleò
da Castania, in data 17 ottobre 1671, lasciò onze
quattrocento per la formazione di un peculio frumentario
a sollievo dei poveri; legò alla chiesa madre un
fondo grande chiamato Valledoro, per celebrazione di quattro
messe quotidiane; onze duecentocinquanta per la cappella
in marmo a Maria SS. del Rosario, ed ordinò in che
essa fosse sepolto. Lasciò molti altri legati e si
ricordano moltissime beneficenze da lui fatte in vita.
Aveva egli preveduto nel suo testamento il caso del suo
erede universale ove mai costui fosse morto senza figli
ed ordinò che in tal caso doveva succedere sua sorella
Francesca, maritata con Alessandro Galletti dei principi
di Fiume Salato.
Nunzio Sollima, successo nell'eredità, non credendo
conveniente ritenerla, rinunziò alla sorella i suoi
dritti sopra Castania, ed il marito di lei Alessandro Galletti,
giureconsulto, si pose con la moglie in possesso della rifiutata
eredità che tramandarono ai discendenti.
Da questo matrimonio nacque Pietro che, per la condizione
del fede commesso fatto da Giovanni Sollima seniore, prese
il nome di Giovan Pietro Sollima e Galletti che trasmise
ai suoi discendenti.
La madre Francesca Galletti e Sollima, quantunque vedova,
aveva comprato dalla regia Corte, nel 1683, il mero e misto
impero sopra Castania e feudi per onze duecento. Giovan
Pietro Sollima e Galletti se ne investì alla morte
della madre. Sposò Vittoria Gaudioso e Bellacera,
che gli portò in dote il villaggio Castanea di Messina.
Da Giovan Pietro Sollima e Galletti e Vittoria Gaudioso
nacque Giovan Alessandro, che ebbe in moglie Melchiora Corvino,
con la quale procreò Giovan Pietro, che sposò
una Spadafora, da cui nacque Giovanni Alessandro.
Giovan Pietro in tempo di carestia distribuì ai castanesi
tutto il frumento che avea in magazzeno ed altro ne fece
importare dall'Egitto; ordinò che si macellasse tutto
il bestiame e si desse alla popolazione senza distinzione;
dispose che si scrivesse ogni esito al libro di credito,
per riscuotersi al futuro raccolto da quelli solo che potessero
pagare, e venuto a morte condonò ai castanesi il
loro dare.
Il di lui figlio Giovanni Alessandro prese in moglie una
di casa Colonna, dei principi di Fiumedinisi, da cui ebbe
due femmine ed un maschio per nome Giovan Pietro.
Giovan Pietro Sollima Galletti prese in moglie Anna Ventimiglia
dei marchesi di Geraci, da cui ebbe due sole figlie, senza
maschi. Di queste una morì educanda nel monastero
di Monte Vergini di Palermo e l'altra si sposò con
uno di casa Moncada, conte di San Pietro. I beni che i baroni
possedevano in Castania furono venduti all'avvocato Di Vincenzo,
meno il fondo della Grazia, che passò a casa De Luca.
(Liberamente tratto dal "dizionario illustrato dei
comuni siciliani a cura di Francesco Nicotra e pubblicato
dalla "Palermo Società Editrice" nel 1908.")
Itinerario di interesse storico-archeologico
Il paesaggio è reso suggestivo dall'ampia panoramicità
che si gode dalle zone più elevate del versante,
da dove si può spaziare lungo tutta la valle del
Fitalia dalle cime alte dei Monti Nebrodi alla costa del
mar Tirreno.
Suggestiva risulta la lussureggiante vegetazione della vallata,
nella quale spicca una fitta macchia mediterranea di alta
collina che presenta già caratteri tipici dei boschi
presenti in estensione alle quote più alte.
Nell'insieme, la zona di pertinenza di Castania presenta
una vegetazione che localmente risulta relativamente più
giovane a causa del dissesto idrogeologico che ha sconvolto
il territorio determinando un processo di rivegetazione
in continuo sviluppo.
La presenza di acqua, sia in superficie che nel sottosuolo,
favorisce tale rivegetazione, accelerando il processo di
amalgamazione delle nuove essenze con quelle, spesso secolari,
presenti in aree limitrofe.
Lungo il versante, in associazione alle prevalenti zone
in cui la vegetazione è a carattere spontaneo, sono
anche presenti aree, più pianeggianti o poco inclinate,
in cui si sono imposte le culture dell'uomo, fra le quali
spiccano gli uliveti, i noccioleti, alcuni vigneti e piccole
produzioni ortofrutticole.
La vegetazione forestale, sia per le caratteristiche climatiche
che edafisiche, si presenta varia ed interessante sotto
l'aspetto floristico e strutturale.
La presenza di un bosco sempreverde mediterraneo-temperato
è caratterizzato da associazioni arboree di varia
entità, fra cui si citano la roverella, il leccio,
l'orniello ed elementi arbustivi quali cisti, lerici, oltre
a formazioni miste di caducifoglie espresse prevalentemente
da essenze quercine come il cerro, e i popolarissimi faggi.
Tale associazione ha reso equilibrato l'ambiente colturale,
determinando condizioni ottimali di rifugio, nonché
di sviluppo della fauna.
L'avifauna risulta ricca di innumerevoli specie tra le quali
il colombaccio, l'allocco, il merlo, il fringuello, il pettirosso,
la gazza, ecc.
Numerosi anche i mammiferi, gli insetti ed i rettili; tra
i primi si registra la presenza del riccio, del coniglio
selvatico, del ghiro e di varie specie di ratti, mentre
gli insetti e i rettili sono presenti con le classiche specie
che popolano il comprensorio dei monti Nebrodi.
L'area oggetto del presente provvedimento è contraddistinta
da un centro urbano di rilevante interesse documentario,
artistico, inserito in un contesto territoriale di pregio
naturale e ambientale sia sotto il profilo paesaggistico
che panoramico.
L'ambiente costruito nelle sue varie componenti architettoniche
e produttive si muove armoniosamente con quello naturale,
caratterizzato da una ricca vegetazione arbustiva ed arborea
e da suggestivi angoli panoramici che consentono la fruizione
unitaria di un lontano scorcio del mar Tirreno, verso cui
degradano i frontalieri monti Nebrodi del versante settentrionale
costellati dai caratteristici abitati di Frazzanò,
Longi, Mirto e dalla vallata del Fitalia sulla quale si
affacciano i Colli di Castell'Umberto e San Salvatore di
Fitalia ricoperti da una fitta macchia mediterranea associata
ad ampie estensioni di uliveti, noccioleti, vigneti e agrumeti.
Nel periodo primaverile sul giallo tappeto arboreo di succiamele,
del trifoglio e del dente di leone spiccano le rigogliose
fioriture di ginestre, dei bianchi rovereti, della rosa
canina, degli alberi di mimosa e di mandorlo.
In quello estivo, invece al verde cupo e brillante delle
chiome degli alberi fungono da sfondo le bacche colorate
del corbezzolo, le macchie argentee dell'artemisia arborea,
i tappeti fioriti di arnica montana e di cardi spinosi.
Uno degli scorci paesaggistici più suggestivi della
zona è costituito dai monumentali ruderi del convento
di S. Vincenzo e della chiesa di S. Barbara, dove in primavera
le nude pareti rocciose che li attorniano si colorano di
essenza spontanee tra cui risalta la viola mammola.
Le rocce sono una quinta scenica naturale contro cui si
staglia il campanile della Chiesa, colorato da una slanciata
guglia vivacemente policroma.
Sotto il profilo panoramico riveste una rilevantissima importanza
il belvedere di San Nicolò a strapiombo sulla vallata,
da cui si gode l'ampio scenario da esso offerto.
Mediante l'adozione di colture agrarie tradizionali e l'uso
di terrazzamenti sostenuti da muretti a secco, l'intervento
antropico si è armoniosamente inserito nell'habitat
naturale, costituendo con esso un unico ed inscindibile
contesto agrario storicizzato.
L'epoca di fondazione dell'antico centro urbano, abbandonato
definitivamente nel 1931 in seguito al verificarsi di numerose
frane, è incerta ma sicuramente antecedente all'anno
827, anno in cui le fonti archivistiche ne attestano l'esistenza,
riportando la denominazione Quastania.
L'impianto urbanistico di età pre-normanna, pur se
depauperato dalle frane che hanno interessato l'area, rimane
ancora leggibile nell'interessantissima e caratteristica
viuzza a gradoni che conduce alla chiesa di S. Nicolò
di Bari.
L'esistenza dell'edificio chiesastico è accertato
all'anno 1178, tuttavia per la peculiarità stilistiche
e costruttive, esso è riconducibile ad un'epoca anteriore.
L'espansione tardo medievale, verosimilmente coeva all'edificazione
del castello di Sollima, viene invece identificata alla
chiesa di S. Barbara ed al complesso domenicano dedicato
a S. Vincenzo Ferreri.
L'immagine complessiva dell'agglomerato urbano è
quella di un organismo tardo medievale legato alla tradizione
contadina in cui si innescano emergenza architettoniche
realizzate tra la seconda metà del quattrocento e
la fine del cinquecento.
Le tipologie edilizie pervenuteci che tramandano il modello
insediavi di tipo agricolo, pur mantenendo la connessione
morfologica con l'impianto urbanistico più antico,
nella maggior parte dei casi risalgono ai secoli XVI e XVII.
Gli edifici ad una o due elevazioni fuori terra si articolano
generalmente in due vani sovrapposti. In quello superiore,
dotato di tradizionale focolare centrale, si svolgevano
le attività domestiche, quello inferiore era adibito
a magazzino o ricovero di animali.
I parametri murari sono costituiti da grossi conci di pietra
arenaria grossolanamente squadrati, posti in opera a secco;
le aperture sono caratterizzate dalla imponenza delle cornici,
realizzate con elementi lapidei monolitici che, nelle abitazioni
più abbienti vengono arricchite con decorazioni.
Il tessuto edilizio cosiddetto minore complessivamente costituisce
una significativa testimonianza di architettura rurale,
mediante la quale si possono agevolmente ricostruire la
struttura sociale che lo ha generato ed i ritmi lavoratici
che lo regolavano.
L'importanza di queste tipologie è accentuata dalla
progressiva rarefazione a cui sono soggette, provocata sia
dall'abbandono che vengono operate su di esse stravolgendone
completamente l'impianto le peculiarità formali originarie.
Il loro valore storico, documentario, recepito dalla soprintendenza
per i beni culturali, ha prodotto la tutela di queste edificazioni
per mezzo delle misure vincolistiche di cui alla legge 1°
giugno 1939 n. 1089.
Sotto l'aspetto monumentale, oltre alle già menzionate
strutture chiesastiche, rivestono particolare rilevanza
i resti del castello di Sollima, ubicato alla confluenza
dei torrenti S. Domenico e Castello, e la cinquecentesca
chiesa di S. Francesco, l'unica aperta al culto.
Delle antiche strutture monastiche originariamente annesse
al tempio permangono la vicina fontana, un'edicoletta e
la cosiddetta casa di S. Vincenzo, attualmente adibita a
magazzino. La chiesa è affiancata da una bellissima
torre campanaria che, oltre a rivestire un importante interesse
storico ed architettonico, si configura quale elemento caratterizzante
del paesaggio.
Il castello, morfologicamente e stilisticamente inscrivibile
nel secolo XIII, è ridotto allo stato ruderale: rimangono
soltanto il mastio centrale ed alcuni tratti di mura delle
carceri sotterranee, da cui deriva il toponimo sotto la
currula della vicina strada.
Ubicato in posizione dominante rispetto all'abitato, esso,
costituisce un polo visivo di ragguardevole interesse anche
sotto il profilo paesaggistico....;
(Tratto dalla Relazione dell'Architetto Barbaro Poletti.
Decreto Assessoriale 3 febbraio 1996)
Etimologia (origine del nome)
Chiamato Castania fino al 1865. Il nome attuale onora il
principe Umberto di Savoia e la prima parte fa riferimento
alla presenza di un castellum o castrum in zona.
Il
Comune di Castell'Umberto fa parte di:
Regione Agraria n. 8 - Colline litoranee di Patti
Associazione Nazionale delle Città della Nocciola
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